IL SOLE 24 ORE

DAL SITO INTERNET

http://www.ilsole24ore.com/

2008-30-10

CRISI ECONOMICA E BORSE

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Finanza%20e%20Mercati/2008/crisi-credito-borse-governi-banche-centrali/mosse-governi/detassazione-utili-piano-rilancio.shtml?uuid=06a783a6-a67a-11dd-88bf-3617f1b8e8b6&DocRulesView=Libero

PIU SOTTO TROVATE ANCHE :

"La recessione? Un eufemismo"

 

l sistema bancario europeo deve ancora smaltire molta spazzatura

Cosa significano i rialzi di Borsa di questi giorni? Gli esperti osservano che dopo i crolli rovinosi delle scorse settimane e con i piani pubblici di intervento predisposti negli Usa e in Europa un rimbalzo tecnico rientra nella norma. Alcuni si spingono a dire che l'attuale movimento al rialzo potrebbe essere qualcosa di più d'un rimbalzo, perché le Borse hanno già scontato gli effetti della recessione. Anche questa è un'osservazione di buon senso, perché i principali indici azionari come lo Stoxx e lo Standard & Poor's hanno perso circa il 50% in poche settimane. L'impressione è che una fase acuta sia stata superata.

Ma possiamo per questo considerarci fuori pericolo?

No, a giudicare dall'allarme lanciato da Governo, industriali ed esperti.

Technorati Profile

Il Governo studia importanti modifiche al decreto salva-banche nel senso che l'intervento dello Stato, per ora limitato solo alle banche che ne facciano richiesta, in acclarato stato di inadeguatezza patrimoniale, dovrebbe essere esteso a tutti gli istituti di credito. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, vorrebbe addirittura trasformare la Cassa depositi e prestiti in un fondo sovrano che intervenga nel capitale delle imprese. Carlo De Benedetti, azionista di controllo del gruppo Cir, cui fanno capo tra l'altro il settimanale "L'Espresso" e il quotidiano "la Repubblica", in un intervento sul "Sole-24 Ore" (del 29.10.208) scrive che il problema più grave, in questo momento, è la mancanza di circolazione della liqudità, che va rimessa in moto e fatta affluire dalle banche alle imprese per impedire che la crisi finanziaria generi deflazione e che la conseguente generalizzata diminuzione dei prezzi finisca per trasformare l'attuale ondata recessiva in depressione economica. L'economista Marco Onado, uno dei massimi esperti in fatto di banche, sostiene (sul "Sole-24 Ore" del 28.10.2008) che più che temere Opa ostili, come paventano Berlusconi e il presidente della Consob, Lamberto Cardìa, il Governo dovrebbe inventarsi un concorso a premi per chi acquisti titoli in Borsa. L'ondata di panico scatenata dal tracollo dei mercati ha infatti messo in fuga non solo depositanti e creditori, ma anche possessori di azioni.

Se questo è il quadro di riferimento, allora è bene muoversi con i piedi di piombo e non lasciarsi incantare da un rimbalzo tecnico. Anche perché sotto la cenere depositatasi in queste settimane cova ancora il fuoco e l'incendio potrebbe tornare a divampare in men che non si dica.

Per farsi un'idea del rischio che incombe ancora sui mercati basta scorrere i dati di R&S, la società di ricerche e studi di Mediobanca, pubblicati di recente dal "Sole-24 Ore" (il 25.10.2008). I dati fanno parte di uno studio sulle prime venti banche europee. La tabella più interessante allegata allo studio è quella in cui vengono riclassificate le attività definite di Classe 3. Quelle di Classe 3 sono attività bancarie per la maggior parte illiquide, prive di un mercato di riferimento dove possano essere scambiate, quindi difficilmente realizzabili e per di più valutate in modo del tutto arbitrario dalle stesse banche. Ebbene, secondo R&S, Deutsche Bank, principale gruppo bancario tedesco, ne ha in bilancio per 86 miliardi di euro (una cifra pari a quasi due volte e mezzo il suo patrimonio di vigilanza), il Crédit Suisse per 71 miliardi di euro (pari a due volte e mezzo il suo patrimonio di viliganza) e l'Ubs per 45 miliardi (pari a circa una volta e mezzo il suo patrimonio di vigilanza).

Il patrimonio di vigilanza è una grandezza derivata dai noti accordi di Basilea tra le banche centrali, i quali richiedono agli istituti di credito una dotazione patrimoniale minima. Ora, se le tre banche in questione hanno attivi illiquidi che superano in valore i rispettivi patrimoni di vigilanza, esse potrebbero già essere tecnicamente fallite.

Certo, bisognebbe conoscere il valore effettivo di questi attivi di Classe 3. Può darsi che al loro interno non vi sia solo spazzatura. Ma questa, semmai, è una ragione in più per continuare ad agire con cautela e non lasciarsi incantare dalle sirene di Borsa. Il rischio che nel sistema bancario europeo si nascondano altre bombe a orologeria c'è ed è concreto. Quindi conviene non abbassare la guardia.

 

 

 

"La recessione? Un eufemismo"

Giovedí 30 Ottobre 2008

"Magari fosse solo recessione!". Giulio Tremonti cerca con cura una parola per definire, senza allarmismi, l'attuale crisi globale. "Che sia globale, dice a un convegno delle fondazioni Nuova Italia e Europa popolare, non c'è dubbio: dal Baltico alla Turchia, dall'Europa all'America latina.

Ma una recessione entra nella norma dei cicli economici". "Qui, invece, l'impressione è di rottura di una continuità". Ecco, forse, la parola: "Discontinuità". Ma si tratta, pur sempre, di un eufemismo voluto. Della crisi, la globalizzazione è all'origine per i tempi rapidissimi in cui è avvenuta. Tremonti ricorda i suoi ripetuti allarmi, l'avvertimento che è impossibile competere con l'Asia sui prezzi: occorreva investire in capitale umano, non è stato fatto. Ricorda anche di non essere un economista: una possibilità in più di capire, ironizza.

C'è dell'altro: sono saltate tutte le categorie originarie del capitalismo. Il ministro dell'Economia elenca alcuni fatti. La società per azioni, che del capitalismo moderno è stata il fondamento, è uscita dai suoi schemi tradizionali per assumere "forme atipiche". Ed è uscita anche dalle giurisdizioni nazionali, è entrata in un mondo che non si può definire soltanto "deregolamentato", ma del tutto privo di regole, il mondo della completa "anomia". Anche il sistema giuridico in cui operare è diventato, con la globalizzazione, una commodity, una merce da trattare, è divenuto oggetto di "uno shopping di legislazione".

C'è stata poi l'uscita dallo schema contabile classico della partita doppia. "Io non sono un esperto di ragioneria, ma la parola evoca la ragione". E la ragione è alla base della distinzione tra stato patrimoniale e conto economico, ma è stata accantonata a vantaggio della massimizzazione del secondo, "dell'abbandono del mondo dei valori a favore del mondo dei prezzi". Il sistema si basa invece sull'equilibrio tra i due: il patrimonio è riserva di valore, è continuità, dà il senso della missione dell'azienda: creare e tramandare valore. L'attenzione al solo conto economico è la "visione delle locuste".

Dal bilancio annuale si è passati così al semestrale, al trimestrale, al mensile nella ricerca spasmodica dell'arricchimento di amministratori e soci. Ultimo elemento. Per secoli le banche hanno ricevuto denaro in deposito sulla fiducia e lo hanno prestato a loro rischio in base alla fiducia. Ora il rischio è stato trasferito ad altri soggetti in una circolazione vorticosa: ne è nato uno dei fattori più intensi della crisi. Quale rimedio? Richiamandosi all'economia sociale di mercato oggetto del convegno, Tremonti invita a ricuperare le categorie del capitalismo, il valore sociale dell'impresa al di là della "ricerca estemporanea del lucro". (L.L.G.)

 

 

 

Dalla redistribuzione della ricchezza alla redistribuzione dei debiti

Sostiene l'economista Jacques Attali, che fu consigliere speciale del Presidente della Repubblica francese François Mitterrand negli anni '80 e oggi guida la Commissione per la liberazione della crescita istituita da Nicolas Sarkozy, che il modello di svilluppo dell'economia Usa che ha portato a un'espansione abnorme dei mercati finanziari e poi al loro crollo è basato su un meccanismo che tende a togliere ai poveri per concentrare sempre più il capitale nelle mani di chi è già molto ricco. Al grande travaso di profitti nelle tasche dei capitalisti - dice in sostanza Attali - è corrisposta un'altrettanto grande distribuzione di debito a carico dei lavoratori, che ha permesso il mantenimento di un alto livello dei consumi, ha fatto esplodere i prezzi delle azioni e delle case, dando l'illusione di una ricchezza diffusa che ha spinto chi aveva un salario a vivere costantemente al di sopra dei propri mezzi.

Piuttosto che redistribuire ricchezza elimindando le diseguaglianze tra cittadini, soprattutto tra le fasce più deboli, lo Stato (non più sociale) ha allargato l'area del disagio economico, redistribuendo debiti. Non a caso i prossimi crolli annunciati sono quelli delle società che gestiscono carte di credito e credito al consumo, simboli del vivere al di là delle proprie possibilità.

Questo forte squilibrio sociale di fronte a cui si trova oggi l'America, che la recessione economica tenderà ad accentuare, è uno dei problemi più gravi che dovrà essere affrontato dal nuovo presidente degli Stati Uniti. L'impressionante accumulo di ricchezza nelle mani di pochi individui su scala planetaria, che stride non solo con le condizioni di miseria del Terzo Mondo, ma anche e più modestamente con le difficoltà a sbarcare il lunario da parte di un numero crescente di cittadini europei e americani, è un fenomeno devastante a livello sociale.

Anche in Italia abbiamo assistito, con la politica scellarata delle stock option e delle super-liquidazioni, alla formazione di grandi ricchezze individuali: quelle dei top managers e dei finanzieri e immobiliaristi rampanti. Se questo almeno fosse servito a rafforzare il sistema delle imprese e ad aumentare i posti di lavoro...Invece in taluni casi è successo addirittura il contrario: che manager che hanno firmato bilanci in perdita o hanno aggravato perdite pregresse, piuttosto che essere sanzionati e subire azioni di responsabilità da parte delle assemblee degli azionisti, sono stati premiati con scandalose buonuscite. Un esempio per tutti, quello di Giancarlo Cimoli, prima a capo delle Ferrovie dello Stato, poi alla guida dell'Alitalia: due aziende fallimentari che gravano sulle spalle del contribuente.

In altri casi abbiamo assistito allo spolpamento planetario di grandi società industriali, e non penso solo a società fortemente compromesse come lo erano Enron o Parmalat, ma ad imprese di sana e robusta costituzione come Telecom Italia, che dopo undici anni di gestione privata si ritrova oggi con una montagna di debiti, il margine operativo in caduta e il numero dei clienti in diminuzione.

L'accentuarsi degli squilibri sociali ed economici, il generale clima di incertezza, il restringersi dell'area dei diritti del cittadino (il mercato globale è cresciuto, dice Attali, in assenza di uno Stato di diritto globale) inducono una parte dell'opinione pubblica a guardare con diffidenza, se non con ostilità, ai salvataggi bancari e a chiedersi a chi giovino.

L'interrogativo è disarmante perché, se è evidente che non si possono far fallire le banche e che un tracollo del sistema bancario farebbe piombare lo Stato nel caos economico e sociale, è altresì vero che a pagare i piani pubblici di intervento sulle banche saranno i contribuenti e non gli autori materiali del dissesto. Che non sono soltanto i grandi banchieri privati, ma anche e in primo luogo le autorità pubbliche di vigilanza creditizia e di controllo della Borsa. I cittadini possono punire con il voto i loro rappresentanti in Parlamento che abbiano agito in modo scorretto. Ma i banchieri non sono eletti dai cittadini: sono nominati dalle assemblee degli azionisti, che non sono propriamente un modello di democrazia. Finirà che tra qualche anno ce li ritroveremo tutti ancora lì, a sentenziare. Magari in posti diversi con pesi diversi, ma sempre in posizione di comando. A giudicare dal recente passato c'è di che essere scettici.

PattiChiari: cancellata la lista dei bond a basso rischio

di Nicola Borzi

30 Ottobre 2008

Il crack Lehman Brothers fa un'altra vittima. Dopo quasi cinque anni, l'iniziativa "Obbligazioni a basso rischio e a basso rendimento" di PattiChiari, il consorzio dell'Abi per l'educazione finanziaria, che consisteva nella pubblicazione di un elenco di bond segnalati all'attenzione dei risparmiatori, è terminata di colpo alla mezzanotte di martedì scorso, 28 ottobre. La pagina internet sul sito di PattiChiari è vuota. La sorte della lista di bond era segnata sin dal default della banca d'affari Usa, esploso il 15 settembre: ancora nel primo pomeriggio di quel lunedì, nonostante fossero ormai insolventi, erano 14 i titoli di Lehman Brothers presenti nella lista di PattiChiari. L'errore – legato ai rating, lasciati a livelli investment grade sino al giorno del collasso – ha contribuito a trarre in inganno decine di migliaia di risparmiatori. Così le possibili ricadute legali sul consorzio dell'Abi e su molte delle 105 banche aderenti all'iniziativa si fanno concrete. Intanto sono 3,5 milioni i risparmiatori che hanno in portafoglio bond inseriti nell'elenco.

Come funzionava la lista

L'elenco di PattiChiari, lanciato il 15 novembre 2003, comprendeva titoli di Stato e obbligazioni corporate selezionati in base a due parametri principali: un livello di rating elevato (investment grade, cioé compreso tra la tripla e la singola A) e un basso indice VaR, che misura la potenziale perdita per il risparmiatore se vende il bond prima della scadenza (il rischio di ribassi doveva essere inferiore all'1% su base settimanale). I requisiti comprendevano poi la sola denominazione in euro (nessun rischio cambio), la provenienza da uno dei 30 Paesi dell'Ocse, la quotazione su mercati ufficiali e la struttura non complessa (erano esclusi dunque i bond strutturati). Se anche uno solo dei parametri non veniva rispettato il titolo non entrava o usciva dall'elenco. Negli anni la lista, aggiornata 1.227 volte, è arrivata anche oltre i 1.500 titoli. Sono state oltre 3.600 le obbligazioni segnalate: solo 18 (lo 0,5%) sono uscite dall'elenco anzitempo per "elevata rischiosità" (con avvisi inviati dalle banche ai clienti entro 48 ore), mentre altre 613 (il 16,7%) per "rischiosità media", rese note con gli estratti conto. L'iniziativa ha contato ben 4,1 milioni di pagine consultate online e sei milioni di guide cartacee distribuite.§

Segnali premonitori

La lista di PattiChiari, però, aveva iniziato a mostrare le prime crepe già due anni prima del default di Lehman. Il primo luglio 2006 erano stati "banditi" 70 titoli, per l'elevata variabilità dei rendimenti dovuta all'aumento dei tassi. Esattamente un anno dopo, per motivazioni analoghe, uscivano dalla lista in un solo colpo altri 60 bond. "Plus24" del 25 agosto 2007 lanciava un primo allarme per i 248 titoli che avevano perso i requisiti. Solo due settimane dopo, il settimanale di finanza e risparmio del "Sole 24 Ore" segnalava che nella lista erano compresi quattro titoli illiquidi, che cioè non riuscivano a fare prezzo. Il 24 aprile 2008 "Plus24" segnalava che le emissioni falcidiate avevano raggiunto quota 500. Il 23 luglio scorso un promotore finanziario chiedeva a "Plus24" cosa ci facessero i bond Lehman nell'elenco di PattiChiari, visto il crollo delle quotazioni a quota 92/93. Tutti segnali premonitori della difficoltà di "incasellare" nella lista centinaia di obbligazioni solo sulla base di rating e VaR. Ma non basta: ancora dopo il crollo di Lehman, sino al 29 settembre sono rimaste in lista otto emissioni delle banche islandesi Glitnir e Kaupthing, poi andate in default.

Cosa succederà ora

I risparmiatori non verranno lasciati soli. In accordo con le 14 associazioni dei consumatori che partecipano alla nuova governance del consorzio, da gennaio PattiChiari lancerà un nuovo portale informativo sugli strumenti finanziari, basato su strumenti e criteri di misurazione del rischio "in grado di cogliere più velocemente i segnali provenienti dal mercato". Fino al 30 giugno 2009, anche attraverso il proprio personale, le 105 banche che avevano aderito all'iniziativa continueranno a informare puntualmente i clienti su eventuali aumenti del profilo di rischio dei bond presenti nell'ultima lista del 28 ottobre.

Le ricadute legali

Ma la fine della lista non cancella d'incanto i problemi che l'iniziativa ha involontariamente contribuito a causare. Alcune associazioni, ConfConsumatori e Adusbef in testa, stanno raccogliendo materiale in vista dell'avvio di possibili cause legali. Antonio Tanza, vicepresidente di Adusbef, lo dice chiaramente: "Ci arrivano centinaia di email di risparmiatori che hanno scelto di investire nei bond Lehman Brothers proprio sulla base della lista pubblicata da PattiChiari. Stiamo studiando azioni legali nei confronti del consorzio e delle banche aderenti".

 

 

Dalle banche avvisi ai clienti sino al prossimo 30 giugno

30 Ottobre 2008

C ome funzionava la lista di PattiChiari? Quali erano i requisiti dei bond segnalati? Cosa possono fare ora i possessori di obbligazioni segnalate? Ecco le risposte alle domande dei risparmiatori.

1. Come funzionava la lista?

L'elenco di obbligazioni "a basso rischio e a basso rendimento" è stato lanciato il 15 novembre 2003 "per informare in maniera chiara e comprensibile i risparmiatori sul livello di rischio e di rendimento collegato all'investimento in titoli". I clienti bancari potevano consultarlo prima di acquistare un bond. Negli ordini di acquisto, inoltre, veniva esplicitamente indicato se il titolo faceva parte dell'elenco e, se il titolo usciva, la banca aderenti all'iniziativa doveva comunicarlo al cliente entro 48 ore, per lettera o con altro mezzo, in caso di "elevata rischiosità" o con il primo estratto conto, in caso di "media rischiosità". A causa della crisi dei mercati finanziari, l'iniziativa è stata bloccata alla mezzanotte del 28 ottobre. L'ultimo elenco, pubblicato dal consorzio PattiChiari lunedì 17 ottobre, conteneva 924 obbligazioni, tra titoli di Stato e corporate bond.

2. Quali erano i requisiti dei bond segnalati?

Per essere inseriti nell'elenco i titoli dovevano: essere denominati in euro; essere emessi in uno dei 30 Paesi dell'Ocse e quotati sui mercati ufficiali di questi stessi Paesi; avere un rating elevato, almeno investment grade (AAA, AA+, AA, AA-, A+, A e A-), di una delle tre principali agenzie internazionali (S&P, Moody's e Fitch Rating); aver dimostrato nel tempo oscillazioni di prezzo molto contenute e quindi avere una probabilità molto bassa di subire significative variazioni negative di valore (secondo il metodo del VaR, devono presentare il rischio di una riduzione di valore inferiore all'1% su base settimanale); avere una struttura finanziaria non complessa (erano quindi escluse le obbligazioni strutturate). Se anche solo uno di questi cinque criteri non era rispettato, il titolo non veniva inserito nella lista o ne usciva.

3. Cosa succede ora ai possessori di bond segnalati?

Sino al 30 giugno 2009 i possessori delle obbligazioni segnalate da PattiChiari continueranno a ricevere dalle proprie banche tutte le indicazioni relative al livello di rischiosità dei titoli, con le stesse modalità previste per il passato. Dal gennaio prossimo, invece, PattiChiari sostituirà l'elenco delle obbligazioni segnalate con un nuovo portale internet, simile a quello dell'iniziativa "Conti correnti a confronto", nel quale i risparmiatori troveranno "informazioni elementari, pubbliche, oggettive", fornite solo da "parti terze", e facilmente consultabili. Il nuovo progetto si baserà su nuovi strumenti d'informazione e criteri di misurazione del rischio differenti, "in grado di cogliere più velocemente i segnali provenienti dal mercato".

Detassazione degli utili nel piano per il rilancio

di Carmine Fotina

Giovedí 30 Ottobre 2008

Pronte le prime misure anti-crisi per l'economia reale, che potrebbero entrare come adeguamento della Finanziaria. In serata una nota del Tesoro ha definito "inventate tutte le ipotesi circolate su presunti provvedimenti che saranno presi nel prossimo Consiglio dei ministri. L'unica ipotesi fondata – dice il Tesoro – è quella della invarianza della Finanziaria".

Dopo il vertice interministeriale che si è svolto ieri mattina al Tesoro, del resto, il ministro del Welfare Maurizio Sacconi aveva spiegato: "Lavoriamo all'interno del bilancio che c'è perché la manovra è già stata realizzata. All'interno della manovra stiamo cercando di sostenere la crescita e garantire liquidità alle imprese per evitare una fase recessiva". Il vertice è stato preceduto da un incontro a tre Berlusconi-Tremonti-Scajola; poi la riunione tra ministri cui hanno partecipato anche Sacconi, Brunetta, Matteoli e Calderoli.

Oggi, al termine di un incontro tra Berlusconi con Confindustria, Confcommercio e Confagricoltura, potrebbero emergere nuovi dettagli ma al momento una delle misure di cui si sarebbe parlato è una sorta di "Tremonti ter" con la detassazione, parziale o totale, degli utili reinvestiti in beni strumentali o comunque in interventi strettamente finalizzati all'innovazione. Una misura citata nei giorni scorsi come prioritaria dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, che ieri insieme al direttore generale Maurizio Beretta ha incontrato a Palazzo Chigi il sottosegretario Gianni Letta facendo il punto sugli interventi a medio termine necessari per rimettere in moto l'economia.

Per gli aiuti al sistema delle imprese si procederà comunque con un doppio "registro". Da un lato misure che vanno soprattutto incontro alle richieste delle grandi imprese o comunque delle aziende a maggiore vocazione innovativa, dall'altro gli interventi che dovrebbero assicurare continuità di credito alle piccole e medie imprese che operano in settori più tradizionali o più "maturi". La detassazione degli utili reinvestiti è uno dei capitoli del pacchetto-innovazione. La proroga della tradizionale rottamazione per auto ed elettrodomestici, considerata una misura probabile nei primi giorni in cui si studiava il pacchetto-imprese, ha perso quota a favore di un meccanismo che incentivi in modo più trasversale tra settori l'acquisto di prodotti ad alta efficienza energetica e capaci di contenere l'impatto ambientale. Un'estensione dei bonus già in vigore per una serie di interventi di riqualificazione degli edifici.

Confermato poi il piano per allargare "Industria 2015", il programma di incentivi per progetti di innovazione industriale inaugurato dal precedente ministro dello Sviluppo Pierluigi Bersani. Si attingerà alle risorse Fas (possibilità già prevista nella versione originaria del programma) per estendere la platea dei settori: in tutto ci sarà a disposizione una dote da 1,5 miliardi. Oltre a Mobilità sostenibile, Efficienza energetica, Tecnologie per il made in Italy, Nuove tecnologie per la vita e Beni culturali, entreranno anche Tecnologie ambientali, Ict-tlc, Aerospazio e forse Turismo.

Sul fronte Pmi, invece, nelle ultime ore si è iniziato a lavorare anche per un innalzamento della dote da 600 milioni del Fondo di garanzia. Ipotesi vista con favore sia da Scajola sia da Berlusconi, sebbene si concretizzerà solo in alternativa all'aumento delle risorse per gli ammortizzatori sociali in deroga. Il Fondo di garanzia per le Pmi, confluito nel Fondo finanza d'impresa gestito dal ministero dello Sviluppo, è uno strumento al quale negli ultimi anni hanno fatto ampiamente ricorso i Confidi (consorzi garanzia fidi) come leva moltiplicatrice.